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Apr 2021
18m 15s

S. (Luglio 2020 - Marzo 2021)

Filippo Ruggieri
About this episode
Lei era fatta di cocaina e alcool, anche se io non approvavo e difatti avevo giusto bevuto un po ma ero completamente lucido. Lei è al bordo del divanetto, un po a disagio, ma se era lì un motivo c'era.
Io ero sbracato completamente a mio agio, ho uno schema preciso su come agire in quella situazione, per questo il contesto non mi desta preoccupazione.
Finalmente il mio amico se n'era andato, anche lui aveva abusato di alcool e sostanze e la cosa non era un problema fino a quando non stava diventando molesto, creando una sorta di competizione con me, ingiusta, in quanto l'obbiettivo della serata era proprio darmi la possibilità di stare un po da solo con lei.
Era un secondo appuntamento e per la prima volta siamo soli in un contesto intimo. Già nell'estate precedente avevo messo delle basi su di lei, ma non era pronta. Come ho già detto, la ragazza ha problemi di droga, ma se nel momento del racconto l'uso è sporadico, nel corso dell'estate era una costante, per questo decisi di farmi da parte, in attesa di giorni migliori e lei mi confermò che nel periodo estivo aveva passato un brutto momento.
Luca mi disse di lasciar perdere e che raccogliere i cocchi non era una buona idea ma da tempo mi intrigava quella ragazza i suoi giorni sembravano arrivati. Il seme è maturo e lei è consapevole del fatto che io posso garantirle le tre certezze che una donna vuole:
1- Chimica
2- Risposte e confronto sulle sue passioni
3- Una certezza economica (fattore acquisito per la prima volta nella mia vita, in quei mesi)
Non la definirei una persona opportunista, ma io ho ben lavorato affinché non le mancasse nulla, perché onestamente provo un grande piacere nel dare a una donna e quello che volevo darle in quel momento era una ventata di passione che probabilmente in vita sua non aveva ancora vissuto, causa anche la sua giovane età (22 anni, per la cronaca).
In sottofondo abbiamo i Cure, gli Smiths, qualche classicone come Hotel California. Quello che amo di lei è proprio la possibilità di vivere in un immaginario culturale indie e di qualità, così che anche i discorsi sono comunque fuori dalla noia del qualunquismo. Mi piace molto questo fatto che le sue stranezze sembrano le mie, si sente a casa una parte di me che non riesco a mostrare al mondo.
Sto bene, sono felice, guardo il soffitto e sospiro per godermi il momento mentre lei, preda delle sostanze, parla a velocità che solo Paolo Bonolis è in grado di eguagliare. Va bene così, è molto carina, sembra una puffetta. I capelli sciolti la fanno bambina, ma d'un tratto li lega ed è subito donna. Come in Gohan contro Cell, sento la voce del mio amico Sisar risuonare nella mia mente, è quello il momento: “Avanti Les Jì (come mi chiamano alcuni amici), adesso!”
- Ti posso dare un abbraccio? - le chiedo con disinvoltura. Una domanda di rito per me in quella fase, ogni donna ha una sua reazione, ma davanti a quello che Masini chiama "il tenero abbraccio del padre sognante" generalmente si sciolgono.
Io personalmente in questi casi la stringo forte a me e faccio un sospiro cercando acquisire la sua energia, mostrandole attraverso una stretta convinta e bisognosa il mio grosso vuoto interiore.
Con lei l'abbraccio è rapido, non riesco a farmi sentire o a sentirla e mi comunica che ha grossi problemi a gestire l'aspetto fisico, però avevo fatto breccia su di lei, il marchio di Orochimaru era stato immesso.
Nel 90 % dei casi, dopo l'abbraccio ci sono dei minuti di avvicinamento e poi almeno scatta il bacio. Con lei siamo distanti da quella prospettiva, per questo mi gioco la carta d'emergenza.
- Soffri il solletico?
Lei no, ma io si, per questo inizia lei a farmelo e io rido a crepapelle, adesso siamo fisicamente uniti. Tuttavia, vedo che non è ancora convinta. Non si fida ancora di me e forse non si fida di se stessa, mi dirà in futuro:
- Una parte di me vuole restare, un’altra andare via.
Mi chiede dov'è finito il nostro amico, probabilmente sentiva l'esigenza di farsi un'altra riga. Dannata droga.
A lui avevo detto di dire che sarebbe tornato, ma anche di scomparire, in ogni caso la richiesta di lei mi infastidisce e devo correre ai ripari.
- Sono stato io a dirgli di andare, perché mi piaci e voglio stare solo con te.
Vedo la lusinga nei suoi occhi ma anche qualcosa che non mi convince, allora decido di chiamarlo mentre la guardo con quello che possiamo chiamare "lo sguardo severo del padre assente".
Lui non risponde, lo farà più tardi dicendo che ormai è a casa.
- Ho spesso confuso l'amore con la violenza.
Questa frase mi colpisce e mi genera compassione allo stesso, quello che vorrei è solo riempirla di coccole.
D'un tratto accade una cosa che non mi era mai successa in vita mia: inizia un gioco strano e violento nei miei confronti, praticamente comincia a mordermi.
Non morsetti, non c'era nulla di erotico, nel momento in cui scrivo, ho ancora i segni addosso, temo diverranno cicatrici. La ragazza inizia a mordermi violentemente e cerca anche di spegnermi una sigaretta addosso.
La cosa pare divertirla e io sto al gioco, cercando di staccarla dalla mia pelle quando il dolore diventa estenuante.
Mi tolgo la maglietta perché non voglio che me la rovini e questo le stimola finalmente una pulsione sessuale, che io capto all'istante.
Rimase molto colpita dalle mie braccia da ex pallanuotista e da quello che ha definito un profumo di aghi di pino che emanava il mio Tesori d’Oriente evidentemente.
La cosa si fa un po più violenta e allora infastidito uso la tecnica che usavo con i miei fratelli più piccoli quando durante le lotte dovevo sottometterli: l'ho messa all'angolo del divanetto con i miei piedi sopra le sue braccia e muso a muso le chiedo:
- Che vuoi fa?
Lei è stanca, la lotta le ha tolto un po il fiato, forse perché fuma 75 sigarette al giorno.
Deve andare in bagno, ovviamente la lascio andare. In quei minuti rifletto sul da farsi. Ero molto shockato e pieno di segni, ma non avevo dubbi sulle mie intenzioni.
- Non so se muoio dalla voglia di rincontrarti o se non voglio vederti mai più. - Le dico ironicamente.
Uscendo dal bagno avviene la trasformazione. Lei mi salta addosso, mi abbraccia. Finalmente mostra la sua tenerezza, ma nel farlo dice frasi del tipo "devo andare a casa."
Il suo corpo e le sue parole entrarono in completa contraddizione, io seguo l'istinto e c'è finalmente il primo bacio. Ne segue una pomiciata selvaggia di circa mezz'ora, anche se io ne ho percepito qualche minuto tanto ero immerso nel tutto e la invito a restare, stimolando le sue parti intime.
Mi ero dimenticato del fatto che lei non era una che viveva la sessualità in maniera libera, anzi da quelle poche informazioni che avevo captato chiedendo un po' qua e un po' là, sapevo che anche i suoi ex fidanzati erano spesso tenuti all'asciutto e quindi certe stimolazioni ad oggi le reputo azzardate, però a fatti concreti con la maggior parte delle donne in quel caso è giusto. Sono felice del fatto che non me l'abbia data e onestamente nel vedere le sue reazioni violente in contrapposizione al mio affetto ho riflettuto molto, ho sentito un’insana voglia di approfondire.
La bacio all'uscita del mio studio e all'uscita del cancello. Le dico che se vuole può scrivermi, lei mi assicura che non lo farà.
Un ultimo bacio molto passionale e poi la vedo andare via. Ho provato a contattarla nei giorni seguenti. Ho cercato di farle capire che in me poteva trovare in primis un amico fidato, e mentre le scrivevo, aspettando il giusto numero di giorni, già sentivo il dolore della perdita e il mio senso dell'abbandono animarsi.
L’ho rivista, in verità ho cercato di incontrarla nuovamente e anche se sulle prime non è sembra una buona idea, dopo ho capito che in fondo voleva rivedermi anche lei.
Abbiamo passato una splendida serata insieme, da soli. Ci siamo chiariti e capiti. Lei sta prendendo nuova fiducia in me e io sto riuscendo a farmi capire un po'. Non so quando ci rivedremo, non so se questa amicizia diventerà mai un amore e non so quanto mi converrebbe. Sono consapevole del fatto che quello che mi piace di lei è che riesce ad animare qualcosa di fortemente autodistruttivo in me e che inseguirla non è un gioco inconscio che mi ricorda tanto il matrimonio dei miei genitori. In fondo lei è solo una versione un po' drogata di mia madre.
Quello che so è che lei a me piace molto e che questa storia, almeno nel contesto del libro non vorrei buttarla in mezzo alle altre. Perché c’è una differenza tra questa storia e le altre, che questa a fatti concreti non ha ancora una fine.
Voglio lasciare l’illusione, la speranza. Sì è la ragazza più strana che conosca e l’episodio che ho raccontato magari non è proprio il primo appuntamento perfetto però io voglio crederci, almeno l’io che sta scrivendo, l’io drammaturgo. L’io che vuole un lieto fine, anche se un lieto fine non esiste. Esiste la fine della storia, e ho scelto che questa è la fine della storia: la storia di io che inseguo quello che non arriva mai. Una storia che smette di puzzare di rassegnazione e inizia a profumare di speranza. Un profumo che sa di ago di pino appassito.
Chi è lei non lo so, chi sono io forse ancora meno, ma dovessi perderla domani, in questi fogli la mia storia non sarà mai iniziata o finita, sarà qualcosa che non possiamo sapere. Sarà un lieto fine. Io che guardo verso il futuro e che forse ho accettato un po' quello che sono. Io che annoiato e disperato dalla mia solitudine, cerco di far risalire la china a una ragazza che è chiaramente sul fondo. Sono il Vincenzo Muccioli di queste pupette. Una sera aveva fatto serata con le amiche e mi scrisse. Le ho dato un passaggio. Non l’ho guardata neanche in faccia, ma mi faceva piacere passare cinque fottuti minuti con lei ed esserle d’aiuto.
Quando ho iniziato col prologo ero molto incazzato, poi nel descrivere questi anni ho provato tante emozioni contrastanti fino a dimenticare la rabbia.
(Continua in audio)
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